Dopo una pausa di alcuni giorni, il mio cammino lungo la Val Camonica riparte da Breno, che raggiungo con il treno di Trenord in partenza da Brescia. In stazione un “buon cammino!” mi arriva inaspettato e mi accende il sorriso; la conchiglia legata al mio zaino parla da sola, tra pellegrini ci si riconosce e ci si saluta.
Causa un incendio, avvenuto qualche settimana fa in prossimità della linea ferroviaria all’altezza di Marone, il treno si ferma a Sale Marasino e da qui con un bus messo a disposizione da Trenord, raggiungo Pisogne, dove risalgo sul treno che mi porterà fino a Breno. Un diversivo che non intacca minimamente la mia serenità e il mio volermi godere questa giornata di passi e solitudine rigenerante.
Dalla stazione di Breno mi ricongiungo alla traccia che attraversa il paese, visito la Chiesa di Sant’Antonio e salgo verso l’Eremo di San Valentino lungo un acciottolato, che nell’ultimo tratto diventa Via Crucis.


Quasi tutto il percorso di oggi sarà immerso nella natura: la giornata è splendida, i panorami meravigliosi. Grata, per questo regalo.
Giunta in Località Dassa, mi fermo a parlare con un locale, che mi chiede dove io stia andando e vuole suggerirmi percorsi differenti a lui più noti; ribadisco le mie intenzioni a voler seguire il tracciato del Carlo Magno, ringrazio e proseguo nel mio cammino.
Intavolo spesso conversazioni con la gente del luogo, quando sono in cammino o in viaggio: mi “studiano” quando passo, zaino in spalla, andatura lenta, in solitudine, mi guardano con occhi interrogativi, beati nella lentezza di tempi che qui in Valle sono spesso dilatati. E seppure ci sia questa nomea del popolo Camuno chiuso e rude, in realtà ho sempre trovato persone gentilissime, che anzi, se chiedi qualcosa non ti lasciano più andare via. Una semplice richiesta di informazioni diventa, con alcuni di loro, il racconto di una vita. Mi incuriosiscono le loro storie (e ne hanno sempre da raccontare!), e la conoscenza del territorio propria di chi qui, da bambino, ha corso libero nei prati e si è beatamente perso nei boschi. Anche questo è motivo per cui le mie camminate solitarie sono pochi km spalmati su un giorno intero: le vivo, pienamente calata nel mondo che mi accoglie. Faccio tesoro. E ancora, sempre, ringrazio.
Proseguo su sentieri sterrati, acciottolati, stradine asfaltate a zero traffico; numerose sono le cappelle votive lungo il percorso.
Raggiungo un torrente in secca, dove sento lo scampanellio di due capre a passeggio: ci guardiamo, fermi tutti per alcuni secondi, stupiti sia io che loro, e poi ognuno va per la propria strada.
Il paesaggio che si apre davanti ai miei occhi è di una tale bellezza!
Seguo il corso del torrente, sulla sinistra orografica, per poi svoltare a sinistra sul ponte e proseguo sulla strada asfaltata che mi porterà verso il centro di Niardo, dopo aver superato il torrente Re.

Niardo è una delle sorprese di questo cammino di oggi: un paesino davvero bello, per giunta vestito a festa per l’imminente Festa di Sant’Obizio. Davvero grazioso!
La leggenda narra di Obizio, cavaliere di una nobile famiglia al servizio del Monastero di Santa Giulia di Brescia. Miracolosamente sopravvissuto alla battaglia della Malasorte tra Bresciani e Bergamaschi nel 1191, Obizio abbandonò le armi e si diede alla vita penitenziale tra la Valle e Brescia.

La prima domenica di maggio, qui a Niardo, ha luogo la festa del Santo, con processione delle reliquie scortate dalla Guardia dei Corazzieri di Sant’Obizio, sei gonfaloni, sei paggi vestiti di velluto rosso e sei scudieri in velluto nero. Uno spettacolo da non perdere.
Lasciato Niardo, dove un paio di fontane con acqua freschissima e buonissima mi hanno dato refrigerio, proseguo oltre il cimitero sempre su sterrato/acciotolato verso Braone (anche qui fontanelle, che sono comunque ben presenti su tutta la tratta di oggi).

Sul sagrato della Chiesa Parrocchiale di Braone, mi fermo a mangiare la spongada acquistata a Breno prima della partenza; è una focaccia soffice e zuccherina, tipica della Val Camonica (nota anche con il nome di focaccia camuna o focaccia di Breno) e diffusissima soprattutto in periodo pasquale. Una bontà!

Riparto carica di energie alla volta di Ceto, che lambisco con il sentiero che passa ai piedi del paese.


Il Cammino di Carlo Magno mi conduce, seguendo la segnaletica sempre ben presente e visibile, fino a Nadro.

Presso il Museo didattico della Riserva di Foppe di Nadro, acquisto il biglietto di ingresso (3 euro) per visitare il sito di arte rupestre. Ne approfitto per fare due chiacchiere con la simpatica e disponibile signora presente alla biglietteria, e per fare incontri singolari.
Raggiungo la Riserva di Foppe sempre su acciotolato, tra due ali di muri in pietra e panorami mozzafiato. Ogni due passi mi devo fermare, ogni due passi c’è una meraviglia da onorare: con lo sguardo, e con il cuore.

Il percorso che attraversa la riserva era anticamente il principale collegamento tra i paesi di Nadro e Capo di Ponte; un tracciato già segnalato anche nello schizzo della Valle Camonica da Leonardo da Vinci nel 1509.
E’ una camminata a dir poco stupenda!
A pochi minuti dall’accesso in Riserva, raggiungo l’area didattica, dove una scolaresca di bambini sta dilettandosi nel laboratorio di macina, sapientemente guidata da Andrea Grava, che ho qui finalmente il piacere di conoscere (Andrea con Antonio Votino, sono gli ideatori di questo cammino, oltre che i tracciatori).



“Chi lavora con le sue mani, è un lavoratore.
Chi lavora con le sue mani e la sua testa, è un artigiano.
Chi lavora con le sue mani e la sua testa ed il suo cuore, è un artista.”
(San Francesco d’Assisi)
Saluto e ringrazio Andrea e proseguo la visita della Riserva, dove, a livello della roccia 6, fanno bella mostra di sè numerose incisioni rupestri risalenti all’Età del Ferro (I° millennio a.C.), anche se in generale le incisioni ritrovate vanno dal V millennio a.C. fino all’Alto Medioevo.
Dalla Riserva di Foppe, varcando un cancello aperto, entro nel Parco delle Incisioni rupestri di Naquane: altra meraviglia di natura e ingegno umano!



Mi soffermo a scambiare due parole con una guida interna, che mi spiega, su mia richiesta, la funzione delle trappole per le processionarie, collocate sul tronco di un gruppo di alberi.

Camminare ti permette di conoscere il territorio, le persone, le abitudini, e di imparare tanto. Nessuna modalità di viaggio ti dà tanto quanto procedere con i tuoi passi. Camminare in solitudine, poi, affina i sensi e amplifica le percezioni.
Esco dall’entrata, dove racconto ai due addetti presenti in biglietteria il Cammino che sto percorrendo; mi chiedono informazioni, e raccolgono il mio entusiasmo.
In discesa raggiungo infine Capo di Ponte, che vedo dall’alto, e con treno-bus-treno-metro-auto mi avvio verso casa.


Il tempo sta cambiando, il cielo si fa minaccioso. Lungo il percorso di rientro una pioggia forte mi accompagnerà; guardo il lago d’Iseo dal finestrino e penso che ha il suo fascino anche così. Sono al coperto, sono protetta. E il sole, come sempre, ce l’ho dentro.
Alla prossima tappa sul Cammino di Carlo Magno!
Per informazioni:
Gruppo Facebook “Amici della Via Valeriana dal Lago d’Iseo alla Valle Camonica”
https://www.facebook.com/groups/196478467814144
http://www.turismovallecamonica.it
http://www.incisionirupestri.com
Questo cammino ti da la possibilità di vedere posto veramente belli. Un esperienza davvero molto bella. Io non so se ce la farei
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Cla, sì confermo la bellezza dei luoghi attraversati. Piano piano ce la si fa sempre! Ad ognuno i proprio tempi, il proprio passo. La bellezza negli occhi, uno zaino in spalla. L’essenziale e via!
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In verità volevo commentare il tuo post sul camminare in lentezza perchè mi ha emozionato molto. La vita è capace di regalarci grandi occasioni quando sparaglia le carte in tavola. Comunque ho letto anche questo post. Bellissimi i paesaggi.
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Grazie, Noemi. Le carte sparpagliate sono sempre scenari per nuove avventure di vita. Bisogna imparare a coglierli.
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Quanto è stato rilassante camminare nel bosco con gli uccellini che cantavano e L aria fresca e pulita? Che bella gita che hai fatto.. mi ci vorrebbe una bella escursione cosi per staccare da Milano!
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Noemi, grazie.
Quando vuoi, ti aspetto.
È un cammino che ripercorrerò sicuramente.
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Noemi, grazie.
Quando vuoi, ti aspetto.
È un cammino che ripercorrerò sicuramente.
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Complimenti, hai fatto una bellissima esperienza! I cammini hanno sempre un fascino particolare, e la lentezza con cui si percorrono un valore aggiunto. Le tue foto poi sono spettacolari, davvero complimenti, mi segno sicuramente questo cammino e questi posti che non conoscevo.
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Grazie, Sara.
Merita davvero. Buoni passi futuri!
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Mi piace molto la camminata che hai fatto ma soprattutto mi hai fatto rivivere delle bellissime emozioni con il parco delle incisioni rupestri 😍 ci sono stata da bambina con la scuola e ho partecipato a quelle stesse attività che hai visto fare alla scolaresca che hai incontrato…che ricordi!
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Pensa che io non c’ero mai stata, pur abitando abbastanza vicino. Mi sono goduta il parco con lo stupore di una bimba. Lo consiglio anche ai “grandi”.
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un percorso nella natura davvero molto bello che porta con sè cultura e arte, sono quelli che preferisco e che vorrei fare con mio filgio quando sarà più grande in grado di capire e ricordare nel tempo
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Grazie per la tua descrizione di questa tappa del cammino di Carlo Magno.
Che avventura stai vivendo 🙂
Sono rimasta senza parole per la bellezza del paesaggio che hai potuto ammirare e fotografare!
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Ho appena scoperto il tuo blog e letto il tuo scritto “Cammino come metafora di vita”. Le tue parole mi hanno molto ispirata. Anche io come te adoro camminare e, ultimamente, cerco di rallentare i ritmi. Bellissima filosofia di vita!
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Ma quindi? Il cammino di Carlo Magno prosegue? Sono curiosa…mi sono letta d’un fiato le tre tappe e adessp vorrei il “to be continued” dei film…
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Certo, Betta!
Prosegue. Sempre più bello!
Stai tuned 😉
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Dalle tue foto si respira aria di montagna, ti dico solo questo. I “cammini” che fai a passo lento sono interessanti e riconciliano con il mondo. p.s. la spongada l’abbiamo anche a Siena, aromatizzata all’anice!
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Grazie, Francesca!
Mi ricorderò della Spongada senese 😉
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