La sveglia suona alle 6:00, fuori già albeggia, le campane del vicino campanile a cadenzare il tempo che scorre lento. La signora Gabriella arriva con la colazione (caffè, latte e biscotti): sorridente, dolcissima e premurosa come poche. Oggi è domenica, il bar nella piazza è chiuso e lei non vuole che ci mettiamo in cammino a stomaco vuoto. Un angelo. Si siede con noi e sono racconti così piacevoli, quelli che ci scambiamo, che non si vorrebbe più ripartire.
L’aria è frizzante, scende dalla montagna; usciamo dal paese, passando davanti alla Chiesa ed al Monumento ai Caduti, e subito in leggera salita sullo sterrato ci immergiamo negli uliveti.
Le luci del mattino sono quelle che amo di più: accarezzano la natura con grazia.
Il silenzio è degno contorno. Camminiamo ognuna con il proprio passo ed i propri pensieri.
Il sole ancora basso allunga le nostre ombre, compagne fedeli.
La tappa di oggi ci porterà a Trieste, dapprima lungo la strada bianca e la vecchia galleria ferroviaria illuminata, e poi sulla bellissima ciclopedonale Cottur.
Trieste la bella è lì sotto che ci aspetta, illuminata dal sole, che anche oggi non manca.
Sosta e timbro della Credenziale alla Chiesa di San Giacomo, seconda colazione e si riparte, con uno spirito un po’ più turistico, per visitare, seppure di passaggio, il centro della città.


Saliamo alla Cattedrale di San Giusto e al Parco della Rimembranza con il Monumento ai Caduti della Prima Guerra Mondiale.


Dalla Piazza della Cattedrale scendiamo verso Piazza Unità d’Italia, cuore pulsante della città.


Il lungomare ci abbraccia.
“Ho attraversato tutta la città.
Poi ho salita un’erta,
popolosa in principio, in là deserta,
chiusa da un muricciolo:
un cantuccio in cui solo
siedo; e mi pare che dove esso termina
termini la città.
Trieste ha una scontrosa
grazia. Se piace,
è come un ragazzaccio aspro e vorace,
con gli occhi azzurri e mani troppo grandi
per regalare un fiore;
come un amore
con gelosia.
Da quest’erta ogni chiesa, ogni sua via
scopro, se mena all’ingombrata spiaggia,
o alla collina cui, sulla sassosa
cima, una casa, l’ultima, s’aggrappa.
Intorno
circola ad ogni cosa
un’aria strana, un’aria tormentosa,
l’aria natia.
La mia città che in ogni parte è viva,
ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita
pensosa e schiva.”
(Umberto Saba)
L’ostello Tergeste, nostro fine tappa di oggi, è qualche km fuori Trieste verso Miramare.
È bellissimo: sul mare, avvolto dagli immancabili glicini. Questo profumo indimenticabile…mi resterà impresso nei ricordi.
Un paio d’ore di meritato riposo e poi si riparte per visitare il Parco del Castello di Miramare. Anche questa tappa si chiude in bellezza. Una bellezza che commuove.
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